- T E O L O G I A -
Dov'è Dio?
Il compromesso fra religione e scienza
La moderna cosmologia ha da parte sua rimandato molti contenuti della classica riflessione filosofica e scientifica sul concetto di universo, realtà e creazione ad orizzonti euristici inediti.
Alcune teorie cosmologiche postulano l'esistenza di universi paralleli, l'uno indipendente dall'altro, per risolvere le bizzarrie del colosso quantistico. Oltre alle teorie già analizzate vi è l'originale teoria sull'universo inflazionistico autoriproducentesi, proposta dall'astrofisico sovietico Andrej Linde. Secondo tale studioso, l'universo in cui ci troviamo non è altro che un singolo processo di evoluzione cosmologica che sarebbe posto nel quadro di un complesso albero frattale di universi che si originano gli uni dagli altri, in una sequenza perfettamente caotica, per semplice gemmazione quantistica. Tuttavia ogni ipotesi metafisica inedita cui si giunge può essere compresa appieno solamente ridefinendo la stessa figura ideale di divinità creatrice.
Ad esempio, nella nostra cultura, siamo abituati ad attribuire in toto alla divinità le qualità di ente creatore, ente onnisciente, ente morale ed ad accettare un determinato rapporto etico tra creatura e divinità. Ebbene, si può dimostrare che questi caratteri non rappresentino un insieme elementare di qualità, quanto insiemi disordinati, dovuti all'apposizione di assunti metafisici sconnessi fra di loro.
Possiamo teoricamente concepire sistemi teologico-cosmologico in cui si originano enti che esprimano solo alcune di queste qualità. Bisogna ricordare come la teologia ortodossa esprime una concezione della divinità, della creazione e di tanti altri caratteri ulteriori, fondandosi su una visione totalmente fissistica, antroprocentrica e geocentrica. Tutta la scolastica, tutte le riflessioni di autori quali S. Tommaso, S. Agostino, S. Bonaventura, Spinoza e via dicendo, sono essenzialmente comprensibili inscrivendo il problema dell'esistenza di Dio, il rapporto uomo-Dio, l'antitesi tra bene e male e così via in una Teologia legata ad una cosmologia ed antropologia nettamente diverse da quelle vincibili dalle odierne teorie scientifiche.
La scienza moderna non concorda e non lo potrebbe con queste concezioni metafisiche. Solo un'inedita, radicale sintesi teologico-scientifica, può risolvere tali questioni. Un diverso inquadramento del problema conduce ad una fondamentale revisione della riflessione teologica relativa all'idea di Dio, all'accezione di creazione, teologia, escatologia, rivelazione, peccato, male, salvezza eccetera.
Una divinità può ad esempio essere concepita in modo da non esprimere alcune qualità solitamente imputate alla stessa, null'altro che per assuefazione culturale. Solo il ricorso ad un metodo oggettivo di confronto può permetterci di risolvere tale problematica. Ecco perché si invoca a sostegno di una data teologia e cosmologia il ricorso ad un giudizio di congruità da parte della scienza. Un giudizio, incentrato su una verifica del suo connettersi con la realtà naturale che, indirettamente, ci conduca poi a poter optare per l'una o l'altra metafisica. E le potenzialità di questa applicazione delle conoscenze scientifiche sono quanto mai valide ed inesplorate. La scienza odierna, ad esempio, si è spinta a porre seri veti sulla possibilità di postulare determinate finalità nello svolgersi della naturali dinamiche evolutive.
L'impossibilità di cogliere il fenomeno dell'evoluzione, nelle sue singole forme, quale strumento di un progetto originario incentrato sull'emersione nel creato della specie umana, ha rappresentato sinora un ostacolo insormontabile per intendere le dinamiche naturali quali docili effettori di un magnifico progetto divino puntato sull'uomo. I processi evolutivi lasciati a se stessi, non sono in grado di dirigersi autonomamente verso l'emersione di un predeterminato obbiettivo, a meno di non invocare un continuo intervento correttore dei complessi eventi mondani tramite una provvidenziale supervisione divina di ogni infinitesima dinamica naturale. Un'eventualità, quest'ultima, che mina irrimediabilmente il principio di libero arbitrio delle creature.
Al contrario, nel contesto di un universo indeterministico, caotico, autorganizzantesi, si deve evidenziare un fatto fondamentale in merito alla possibilità di affermare una qualsiasi valenza teleologica.
Ogni creatura che emerge nel creato tramite il processo evolutivo è assolutamente impredicibile nei suoi caratteri particolari, data l'intrinseca casualità presente nell'indeterminabile serie di eventi con cui essa si origina. Parimenti, assolutamente imprevedibile è il contesto spazio-temporale ove ciò andrà a verificarsi.
In particolare, rispetto ai canoni metafisici della teologia della nostra cultura, la classica concezione di un universo in cui predeterminate creature siano alfine chiamate a realizzare, con la loro emersione, la base biologica su cui imporre l'attuazione di assoluti, sovrannaturali principi etici, è totalmente incompatibile con l'universo descritto dalla scienza attuale.
Tale impossibilità è dunque perentoriamente sancita dalle modalità sull'evoluzione dinamica dei sistemi fisici, dalla meccanica quantistica e dai recenti studi sul caos che, nel contesto delle dinamiche bio-evolutive, giungono ad avere un risultato davvero peculiare. Il divenire dell'universo, ed in particolare delle forme viventi, in ogni infinitesima espressione, non è contenuto nel novero delle condizioni iniziali da cui la realtà naturale ha preso origine: né può la conoscenza delle leggi naturali e delle condizioni iniziali rappresentare completamente il dinamico evolversi dei sistemi fisici.
Ma è allora scientificamente impossibile dimostrare la teleologia delle dinamiche naturali? Non sembra.
Si può assumere una connotazione universale ai processi bio-evolutivi con l'evenienza che questi fenomeni risultino statisticamente ricorrenti nell'universo, con scenari peraltro sempre unici, irripetibili ed imprevedibili nei dettagli. Il processo di selezione naturale può essere inteso come un fenomeno cui attribuire la possibilità di dare origine, nel tempo e nello spazio, comunque in forme e contesti assolutamente imprevedibili a priori, a realtà biologiche progressivamente più complesse. In particolare è possibile postulare l'origine di quadri bio-evolutivi caratterizzati dalla presenza di organismi dotati di strutture psichiche via via più raffinate, capaci infine di supportare l'emersione dell'intelligenza, della coscienza riflessa.
Quest'ultima osservazione, se opportunamente considerata, assume profondo valore teologico.
L'innegabile indeterminazione di un itinerario bio-evolutivo sfuma nella valenza universale del fenomeno evolutivo. I contenuti finalistici ad esso associabili emergono chiaramente qualora si comprenda tale processo al di là della contingenza degli eventi che hanno contraddistinto, ad esempio, l'affermazione della vita sulla terra o i caratteri dei singoli esseri viventi.
Lo studio sulla genesi dei sistemi planetari, sull'origine abiogena e sulle capacità di autorganizzazione selettiva di composti biochimici complessi, inducono a prospettare con una certa attendibilità tali scenari nel cosmo. Tali risultanze, nel tentativo di sostenere una valenza finalistica nei processi evolutivi, possono far deporre a favore di un quadro che postuli nell'universo un'emersione ripetuta, dunque staticamente attendibile, di forme viventi autocoscienti.
Si può inoltre ricordare la questione delle cosiddette costanti fisiche fondamentali della natura. Tali grandezze, precisamente determinate dalla ricerca scientifica, assumono un concerto di valori estremamente critico ed interdipendente, che non sembra procedere da alcuna legge o relazione naturale sottostante.
Perché questo concerto di valori, decisivo nel rendere possibile l'emersione della vita? Perché questo universo?
Per alcuni autori questi fatti rappresenterebbero un indizio a favore di una finalità tecnologica che in parte può essere condivisa a parte di non invocare l'attuazione di alcuna predestinazione etica o genetica. Come si vede, omettendo contenuti teologici irrazionalmente ancorati ad un'improbabile visione antropocentrica, a favore di un finalismo assolutamente non focalizzato sull'uomo è possibile disporre di un modello scientificamente coerente quanto teologicamente valido.
In esso l'uomo, pur scalzato dal ruolo, infondato, di apice dell'evoluzione, può sostenere una relazione con il sacro non meno soddisfacente di quanto avvenuto sinora.
E' chiaro che in tutto ciò anche la divinità subisce una riformulazione formale: questo compone diversamente il rapporto ontologico tra uomo e Dio, evidenziandone nuovi contenuti. In tale progetto il creato sarebbe lasciato evolvere, essere, in piena libertà, quale intrinseca, spontanea manifestazione delle leggi naturali. In modo analogo, l'uomo risulterebbe ugualmente libero di essere e divenire, sia nelle sue prerogative che nei suoi limiti naturali; ne deriva la condizione ontologica di un essere eticamente indipendente dalla divinità. Questi esseri sono, cioè, finalmente, ontologicamente liberi.
Liberi di essere, responsabilmente e autonomamente liberi, anche dinnanzi al loro stesso creatore. Questo è il solo possibile risultato teleologico di un processo di evoluzione biologica pertinente nell'ontopoiesi della coscienza riflessa, nell'emersione del pensiero nel creato.
Questo rappresenterebbe il fine teleologico della creazione da parte di una divinità: naturale e totale libertà alle creature.
Il precedente articolo è adattato dalla più diffusa edizione dell'epistemologo Roberto Verolini. Il testo originale, maggiori notizie e o informazioni sono disponibili al sito internet http://philo.cnm.unive.it/filosofia/contributi/verolini/paradigma.html
In filosofia due sono gli orientamenti fondamentali in tema
di libertà dell'uomo, riconducibili
all'antinomia tra indeterminismo e determinismo.
Gli indeterministi sostengono la libertà del volere, negano non l'esistenza dei motivi che spingono a comportarsi in un modo o nell'altro, ma che la volontà ne dipenda :la libertà consiste proprio nello scegliere un motivo piuttosto che un altro. Nel medioevo si disse che la concezione ideale di verifica dello stato di libertà è quella del caso detto dell'asino di Buridano, il quale, posto di fronte a due ceste colme di fieno, muore di fame perché non riesce a decidere da quale sacco iniziare. Si tratta della cosiddetta "libertà d'indifferenza", che si ha quando i motivi delle scelte alternative si annullano e la volontà può decidere liberamente, decisione che l'uomo può prendere tranquillamente. Ma tale versione della libertà presta il fianco a due critiche severe :
Se è vero che solo l'uomo è libero, perché è l'unico essere capace di scegliere razionalmente, non c'è nessuna ragione che lo induca a scegliere tra due alternative da questo punto di vista l'asino appare più intelligente dell'uomo; |
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Se la libertà consistesse nel semplice stato di indifferenza, essa si ridurrebbe a pura casualità. |
I
deterministi negano il libero arbitrio: tutto è soggetto alla
legge di causalità, e non si vede perché
gli
uomini dovrebbero fare eccezione "Sarebbe ben singolare che tutta la natura
e tuffi gli altri esseri
obbedissero
a leggi eterne, e che esistesse invece un piccolo animale, alto cinque piedi,
che, a
disprezzo
di queste leggi, potesse agire sempre come gli piace, in base al suo solo
capriccio. Egli
agirebbe
a caso, e ben sappiamo che il caso non è nulla abbiamo inventato questo termine
per
esprimere
l'effetto conosciuto di qualsiasi causa ignota" (Voltaire).Ci sentiamo
liberi, semplicemente
perché
non siamo consapevoli di tutti i fattori che ci determinano.
Il
concetto di libertà è complesso. Vediamo anzitutto alcuni significati del
termine.
LIBERTA’
COME LIBERO ARBITRIO Mentre scrivo mi accorgo di essere stanco, e desidero fermarmi. Ma è più opportuno continuare ancora un poco; decido di non fermarmi. Dentro di me si sono presentate due possibilità, che ho concepito nella interiorità della mia mente; le ho esaminate ed ho deciso. L'azione reale che rende viva ed operante le due possibilità dipende da me; me ne accorgo perché sento che la mia scelta è libera. Il libero arbitrio è la capacità che intuisco dentro di me di decidere tra diverse possibilità d'azione e di far divenire reale una di esse. Non si tratta certamente di una capacità del tutto svincolata da influssi esterni, perché questi esistono nella realtà; tuttavia intuisco che rimane un margine tra tutti gli influssi che subisco dal mondo esterno e la mia scelta, se la scelta che faccio può dirsi veramente mia. Vedo infatti che, se questo margine non dovesse esistere, non sarei io il soggetto dell'azione, ed essa non potrebbe dirsi mia. Il mio libero arbitrio sarebbe del tutto inoperante. Poiché sono dotato di libero arbitrio, porto la responsabilità della scelta, e ne rispondo di fronte a chi me ne chiede conto. In primo luogo, di fronte alla mia coscienza.
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LIBERTA'
COME CREATIVITA'
L'uomo
ha un altro tipo di libertà quella del progettista, dell'artista, del
politico. La capacità di
progettare
realtà che non esistono ancora, di utilizzare le leggi del reale
fruttarne le potenzialità
implicite.
L'uomo
può rendere concreti i prodotti della sua mente, operando una
trasformazione della natura
attraverso
la sua creatività. Arte difficile, certamente, che infrange le regole e
le pastoie della
ripetitività,
ma anche arte essenziale al nostro essere uomini. L'attività estetica è un esempio di questa facoltà. Il libero arbitrio ci consente di scegliere fra possibilità date; la creatività ci permette di porre possibilità nuove nel reale.
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Diversi
significati del termine libertà sono problematici. Molti filosofi hanno negato
che all'uomo
siano
applicabili, in tutto o in parte, questi concetti ed hanno scritto saggi
voluminosi per dimostrare che in alcune
di queste accezioni l'uomo è un essere non libero.
In particolare lo scontro è stato profondo - ed in alcuni momenti della storia moderna anche grave - sul libero arbitrio. I filosofi cattolici lo hanno difeso a lungo; ma i luterani lo hanno negato. Il razionalismo si è spaccato su questo punto, mentre le filosofie materialiste nel Settecento hanno assunto una posizione determinista, contraria cioè al libero arbitrio inteso come facoltà dell'uomo. E' in gioco l'immagine dell'uomo come creatura capace di autonomia e di responsabilità morale; se infatti i deterministi avessero ragione, quale responsabilità potremmo ancora attribuire all'uomo?