Cappella Sistina - Giudizio Universale::

Vent'anni dopo la fine della volta, Michelangelo ritornò ancora a lavorare nella Cappella Sistina. Il papa Clemente VII de' Medici (1523-1534) chiamò Michelangelo nel 1534 per completare la decorazione della cappella con gli affreschi del Giudizio Universale. Dopo la morte di Clemente VII il suo successore, Paolo III Farnese (1534-1549) decise di ridare l'incarico a Michelangelo che, nel giugno 1535 , fece montare i ponteggi. La parete fu rivestita di uno strato di mattoni, con maggiore spessore in alto e minore in basso, in modo che la superficie risultasse leggermente inclinata, probabilmente per ragioni di migliore visibilità piuttosto che per evitare il deposito delle polveri. Il pittore iniziò a dipingere l'anno successivo le lunette, così che la parte superiore fu terminata nel dicembre 1540 ; il dipinto venne completato il 31 ottobre 1541 e l'inaugurazione ufficiale vi fu nel Natale dello stesso anno. Il Giudizio Universale venne progettato per la parete dietro l'altare, già precedentemente affrescata con l'Assunzione della Vergine Maria del Perugino, opera poi distrutta dallo stesso Michelangelo. " Il Giudizio Universale " è un affresco di m 13,7 x 12,2, conservato nella Cappella Sistina ( Musei Vaticani ).

La grandiosa composizione si incentra intorno alla figura dominante del Cristo, colto nell'attimo che precede quello in cui verrà emesso il verdetto del Giudizio. Il suo gesto, imperioso e pacato, sembra al tempo stesso richiamare l'attenzione e placare l'agitazione circostante: esso dà l'avvio ad un ampio e lento movimento rotatorio in cui sono coinvolte tutte le figure. Ne rimangono escluse le due lunette in alto con gruppi di angeli recanti in volo i simboli della Passione (a sinistra la Croce , i dadi e la corona di spine; a destra la colonna della Flagellazione, la scala e l'asta con la spugna imbevuta di aceto). Accanto a Cristo vi è la Vergine , che volge il capo in un gesto di rassegnazione: ella infatti non può più intervenire nella decisione, ma solo attendere l'esito del Giudizio. Anche i Santi e gli Eletti, disposti intorno alle due figure della Madre e del Figlio, attendono con ansia di conoscere il verdetto. Alcuni di essi sono facilmente riconoscibili: S. Pietro con le due chiavi, S. Andrea con la croce, S. Lorenzo con la graticola, S. Bartolomeo con la propria pelle in cui si suole ravvisare l'autoritratto di Michelangelo, S. Giovanni Battista, S. Caterina d'Alessandria con la ruota dentata e S. Sebastiano inginocchiato con le frecce in mano. Nella fascia sottostante, al centro, gli angeli dell'Apocalisse risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe; a sinistra i risorti in ascesa verso il cielo recuperano i corpi (Resurrezione della carne), a destra angeli e demoni fanno a gara per precipitare i dannati nell'inferno. Infine in basso Caronte a colpi di remo insieme ai demoni fa scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente. E' evidente in questa parte il riferimento all'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Assieme agli elogi, il Giudizio suscitò tra i contemporanei violente reazioni, come ad esempio quella del Maestro delle Cerimonie Biagio da Cesena, il quale disse che "era cosa disonestissima in un luogo tanto onorato avervi fatto tanti ignudi che si disonestamente mostrano le loro vergogne e che non era opera da Cappella del Papa ma da stufe e osterie". Quando questi schermì l'opera, Michelangelo in risposta raffigurò i suoi tratti nella figura di Minosse. Si narra che quando Biagio da Cesena si lamentò con il Papa, il pontefice rispose che la sua giurisdizione non si applicava all'inferno, e così il ritratto rimase. La campagna di censura (nota come "campagna delle foglie di fico" ) organizzata da Carafa e Monsignor Sernini (ambasciatore di Mantova ) per rimuovere gli affeschi , portò il Concilio di Trento, nel 1564, in coincidenza con la morte di Michelangelo, all'emissione di una legge per coprite i genitali ("Pictura in Cappella Ap.ca coopriantur"). L'incarico di dipingere i panneggi di copertura, le cosiddette "braghe" fu data a Daniele da Volterra, un apprendista di Michelangelo, da allora noto come il "braghettone". Egli coprì i genitali delle figure con delle specie di perizomi, la maggior parte dipinti in tempera sopra l'affresco originale, lasciando inalterato il complesso dei corpi ad eccezione di due Santi: Santa Caterina d'Alessandria e San Biagio, dei quali non vi è più, al di sotto dei rimaneggiamenti, l'originale. Fortunatamente, essendoci pervenuta una copia del dipinto di Michelangelo ad opera del Venusti, ci è possibile comprendere quali modifiche siano state apportate ai due santi e per quale motivo. Santa Caterina, dipinta da Michelangelo, era completamente nuda e San Biagio era accovacciato alle sue spalle, in una posizione molto indecente. Non bastava solo coprire i nudi con delle vesti, ma vi era la necessità di modificare la posizione delle due figure. Così, rifatto nuovamente l'intonaco, alla Santa venne dipinto un vestito (salvando la testa, le braccia e la ruota del martirio di mano di Michelangelo), mentre San Biagio è stato totalmente rifatto: ora non è più piegato sulla Santa, ma guarda, molto devotamente, verso il Cristo giudice.  

   

L'intervento di restauro realizzato tra il 1990 e 1994 ha permesso di recuperare la nitidezza dei colori, il vigore delle forme, la definizione dei particolari e l'unità complessiva dell'opera. Soprattutto, esso ha permesso di ribaltare completamente l'interpretazione del quadro rivelando l'azzurro lapislazzulo dello sfondo e quindi la connotazione positiva che Michelangelo voleva infondere all'affresco.