Sotto il tavolo di Oriana Pagliarone
Chissà perché ai bambini piace nascondersi sotto i tavoli.
Vedo il mio nipotino Niccolò giocare felice sotto il tavolo del soggiorno e rivedo me bambina quando facevo lo stesso gioco: il tavolo della sala da pranzo era grande, di legno antico con due lunghe pedane per i piedi, che diventavano un comodo sedile per me, dove inventavo giochi e situazioni di ogni tipo.
Quando papà tornava la sera, il grande tavolo veniva apparecchiato per la cena, io piccolina, avevo già mangiato e mi nascondevo là sotto per spiare e ascoltare la conversazione dei “grandi”.
Papà faceva finta di non vedermi e di cercarmi affannosamente, io mi acquattavo per non farmi scoprire, mamma rideva. Come era bella la risata di mamma a quei tempi.
Solo adesso capisco che in quei momenti eravamo veramente felici, con niente, ma felici.
Alla fine papà mi trovava e mi premiava con un pezzetto di mortadella, cibo per me proibito e per questo ancora più prelibato, mamma fingeva di arrabbiarsi, io mi arrampicavo sulle sue ginocchia e mi facevo perdonare la marachella.
Dopo cena, mamma sparecchiava e quel tavolo diventava la scrivania dove papà studiava per qualche ora : si stava preparando all’esame per funzionario. Io, in punta di piedi, arrivavo a stento a guardare sopra quel ripiano: c’erano tanti libri e vicino al portapenne un piccolo carciofo, regalo portafortuna di mamma.
Me ne restavo zitta lì vicino per non disturbare la sua concentrazione fino a quando la mamma non mi veniva a recuperare per portarmi a letto.
Quel grande tavolo ci ha seguito nel nostro girovagare da Napoli a Milano e poi ancora a Napoli, da un trasloco all’altro, un po’ più malandato, ma sempre resistente, come solo i mobili di una volta sapevano essere.
L’ho molto amato, quel tavolo, ingombrante e antiquato, ma per me parte integrante del mio vissuto, anche se poi sposandomi l’ho tradito con un aereo e trasparente tavolo di cristallo, che, tra l’altro, dopo pochi anni è andato in frantumi.
Mentre il nostro vecchio tavolo di famiglia ha resistito impavido per anni.
L’abbiamo dato via solo alla morte di mamma, non potevamo proprio tenerlo più.
Era giusto che andasse via con lei, faceva parte del mio passato. I ricordi non hanno bisogno degli oggetti per resistere allo scorrere del tempo.