Sono la mamma di un cervello in fuga

 

Sono la mamma di un cervello in fuga.

Da 14 anni mio figlio gira per il mondo, ora è a San Diego e occupa un posto prestigioso e di rilievo.

Tutto è cominciato nel 2003 con la partenza di Luca per Trento, per completare la tesi sperimentale in Fisica Cibernetica.

Da allora non si è più fermato: Trento, Trieste all’Osservatorio Astronomico, Bristol per il dottorato di ricerca, Ulm per approfondire la ricerca nel campo dell’ottica quantistica, poi il MIT a Boston ed ora a San Diego, dirigente responsabile della sezione Data Science della CliniComp.

Credo di essermela cavata in tutti questi anni in qualità di mamma di un cervello in fuga, certo la nostalgia del figlio è forte, ma so che è felice delle sue scelte e degli obiettivi raggiunti e questo mi rende orgogliosa. Da tre anni Luca è felicemente sposato con Elisa e da un anno la nostra felicità è completa con l’arrivo di un nipotino, Niccolò.

Ma ora avverto molto di più la lontananza, soprattutto per la consapevolezza di perdere ogni giorno qualcosa della crescita di questo nipotino.

Razionalmente mi dico che la situazione non ha soluzioni e che quindi mi devo adattare, ma purtroppo non basta a disperdere questo fondo di tristezza e malinconia. Mi aggrappo ai rari momenti in cui lo posso riabbracciare e alla programmazione del prossimo viaggio che potrò fare per rivederlo.

Tenere tra le braccia quel frugoletto mi dà una sensazione di appagamento e di completezza incredibile. Placa tutte le mie ansie e mi fa sentire in pace con il mondo.

Ma ora vivo male il distacco, non riesco ad accontentarmi degli incontri settimanali su Skype, Luca lavora tutta la settimana e solo il sabato  posso vedere lui e la sua bella famiglia al completo.

Riguardo spesso le foto e i video di Niccolò, ma non è la stessa cosa.

Una mia amica mi dice che il bambino si ricorderà comunque di me in futuro, ma non è questo che mi crea ansia, non il timore di non essere ricordata, anzi.

Meno persone si ricordano, meno si soffre per la loro assenza, e, se non dovessi essere nei ricordi di Niccolò, vorrebbe dire che ho vissuto troppo poco e quindi meglio che non soffra .

Mi manca quello che di lui perdo ogni giorno, ogni suo piccolo progresso, ogni suo cambiamento, ogni sua  vittoria che io non posso vedere né condividere con lui.

Il tempo passato insieme, concentrato in pochi giorni, non ha il respiro giusto per i ricordi, che sono fatti di ripetizioni, di atmosfere, di stati d’animo, che hanno bisogno di stemperarsi in un continuum a noi vietato.

E invidio chi si lamenta di avere i nipotini tutto il giorno, del peso di questo impegno. Vorrei essere io stremata da tale compito.

Ma purtroppo mi devo rassegnare. L’ho visto a Natale, a maggio lo rivedrò.

Mi deve bastare.

Nonna Ory