Durante il corso di scrittura creativa alcuni miei compagni hanno scritto di parenti ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale…

Così mi è venuta l’idea di inventare una nonna Sara…

 

        Nonna Sara                

                                                          di Oriana Pagliarone                              

 

Caro  nipote, oggi compio novant’anni.

Di solito sono i nipoti che scrivono una lettera di auguri alla vecchia nonna, ma oggi voglio sovvertire questa consuetudine.

Sei un uomo adulto, hai 40 anni, sei in grado di capire ed accettare le brutture della vita: quando eri più giovane mi chiedevi spesso della guerra e di come fossi scampata alla morte durante la mia prigionia in quel campo di concentramento. Non ti ho mai risposto.

Lì sono morti tutti i nostri parenti: i tuoi bisnonni, la tua zia, ancora bambina, solo io mi sono salvata da quell’orrore.

«Come hai fatto, nonna? È stato un miracolo?» mi chiedevi guardandomi con occhi fiduciosi. Aspettavi una bella favola rassicurante: non potevo raccontartela, allora.

Ricordati, caro nipote, anche le storie a lieto fine possono nascondere oscenità e dolore, sofferenza e miserie, abiezione e cattiverie.

Trasformare uomini e donne in bestie affamate e disperate, far perdere ogni dignità, annullare l’identità di ognuno: la pratica diffusa nei lager.

La sofferenza, la fame, la paura di morire ogni giorno un po’ di più, riducono l’uomo in uno stato di abbrutimento tale da far commettere le peggiori infamie.

Ed io non sono stata da meno.

Tu per fortuna non conosci la fame, quella nera, quella che ti attanaglia il corpo e la mente, che ti fa sragionare, che ti fa avventare contro la tua compagna per un pezzo sporco di pane nero pieno di segatura. Mangeresti qualsiasi cosa pur di sopravvivere. Anche topi se riesci a catturarne uno, ma non è questo il peggio.

Il corpo diventato un’unica  piaga, il freddo che penetra nelle ossa e ti congela anche i pensieri. La consapevolezza della fine vicina, a soli sedici anni, non è concepibile, ed io volevo vivere! Ad ogni costo.

Nel tavolaccio vicino a me, una donna stava male, era molto debole, sapevo che presto sarebbe morta. Giorni prima le avevo visto  nascondere un pezzo ammuffito di formaggio, non so come se lo fosse procurato, sapevo solo che dovevo impossessarmi di quel formaggio, lei non ne aveva più bisogno ormai, ma io sì.

Glielo strappai di mano, lei non reagì, mi sembrò il segno che in fondo mi spettasse di diritto, il diritto della sopravvivenza.

Quel formaggio poteva significare la differenza tra la vita e la morte, mi avrebbe permesso di resistere ancora un giorno, e poi ancora uno, e ancora, e ancora…

Lo mangiai voracemente in un unico boccone, senza sentire nessun sapore, solo la voglia di far tacere per un po’ il ruggito spietato dentro di me.

La donna non si mosse, non reagì, mi accorsi solo dopo che era già morta.

Ma non aveva nessuna importanza, lo avrei rubato lo stesso anche se fosse stata ancora viva. Vuoi sapere altro?

Cosa veramente mi salvò? Sei sicuro di volerlo sapere?

Nel campo si stava organizzando una festa per dei generali venuti da Berlino, e occorreva intrattenerli con della musica, lo sai che tutto il popolo germanico ama da sempre la musica, vero?

La mia salvezza, ma anche la mia rovina, fu la musica,  ho studiato fin da bambina violino e pianoforte, prima privatamente e poi al conservatorio.

Chiesero chi sapesse suonare uno strumento, mi feci avanti.

Dopo una prova con un vecchio violino appartenuto a qualche deportato, mi fecero lavare, vestire con un abito pulito e mi portarono nelle stanze della festa, dove, tra generali e ufficiali, suonai come non avevo fatto mai.

Volevo che la musica creasse un legame forte, invincibile tra me e loro, che mi permettesse di essere considerata speciale, diversa dagli altri, che mi consentisse di sopravvivere.

Un ufficiale mi notò.

Non tornai più nella mia baracca.

Sono viva, ma ho smarrito la mia anima.

Ma tu, caro nipote, non devi essere triste per me e neppure condannarmi: l’essere umano può essere capace di toccare le più alte vette della bellezza e dell’abiezione.

Ho imparato col tempo a perdonarmi, ad accettare le mie miserie, spero lo faccia anche tu.

Ora sai la verità

Con tutto il mio amore.

                                                                                    Nonna Sara