La protesta dell’allieva di Oriana Pagliarone
Mi sento un po’ in colpa, non ho fatto i compiti delle vacanze, quelli che Antonio, il mio maestro di scrittura creativa, ha proposto prima delle feste di Natale.
Il fatto è che proprio non mi piace questo compito: realizzare un racconto utilizzando le parole musica, nobile, carabiniere, rito, burrone.
Capisco che sia necessario abituarsi a fare uno sforzo di fantasia, ma a me piace scrivere quando scatta una molla che mi spinge a mettere sulla carta un pensiero, un’emozione, anche una provocazione a volte, ma così, trovo il tutto artefatto e forzato.
Uffa, ci devo provare, vediamo un po’: potrei partire da me che sono malata a letto, Orlando mi porta una tazza di latte caldo col miele, è un piccolo rito tra noi: quando sto male mi porta sempre una tazza di latte caldo col miele, è una carezza dolce, che fa bene al corpo e allo spirito.
La televisione sta trasmettendo un concerto di musica classica, che mi concilia il sonno.
Sogno di volare nell’aria, ma un vortice violento mi fa cadere nel vuoto, cado, cado, sprofondo in un burrone, la bocca piena di terra che mi graffia la gola.
In realtà la gola mi fa male perché ho l’influenza, ma andiamo avanti.
Ora come ce lo faccio entrare nel racconto il carabiniere?
Potrei dire che mi sveglio di soprassalto, tutta sudata e con la testa pesante. La televisione ora trasmette una vecchia puntata del Maresciallo Rocca, mi piace la nobile arma dei Carabinieri. Nonostante le stupide barzellette che circolano su di loro.
Sì, potrei fare così, ma trovo il tutto troppo artificioso, non mi piace.
Questo racconto fa proprio pena, non posso farlo leggere ad Antonio, è banale, senza tensione, né fantasia, nessuna idea originale!
No, questo compito non lo faccio. Oggi mi sento un’allieva indisciplinata e svogliata.