Il cuore disvelato.
Il cuore disvelato: ritratto di M.me A. Thiriffays - René Magritte - 1936 - Museum of Fine Arts – Boston
Non sono cattiva, mi disegnano così, potrei dire, parafrasando una battuta di un film.
Guardatemi. Sono vestita di nero, austera: una linea diritta le labbra, i capelli accostati alla testa, in un’acconciatura severa.
Sono un’istitutrice, come potete immaginare, lavoro presso una casa aristocratica, e mi sento alquanto aristocratica anch’io. Mi piacciono le cose belle, l’arte, la musica.
Il ruolo che devo ricoprire mi costringe ad un atteggiamento misurato e, direi, compassato.
I ragazzi che mi sono stati affidati sono diligenti, rispettosi: l’educazione in questa casa è ancora una cosa importante. Lo studio è considerato fondamentale per la preparazione di un adolescente.
I miei datori di lavoro sono molto soddisfatti di me, mi apprezzano, sanno che posso mantenere la disciplina con uno sguardo, senza bisogno di parole.
Cerco di essere distaccata nel mio lavoro, se mi affezionassi troppo ai miei allievi, non potrei mantenere quest’atteggiamento impeccabile.
Il maschietto ha dodici anni e scalpita per le lunghe ore passate sui libri, appena può corre in giardino a giocare.
La femminuccia ha sei anni, è una dolce bambina, con lunghi capelli biondi.
A volte mi verrebbe la tentazione di accarezzare quella testina curva sull’abbecedario, ma mi trattengo: è sconveniente per un’istitutrice lasciarsi andare a simili gesti.
Oggi, però, è una bella giornata limpida, la finestra si affaccia sulla spiaggia, siamo venuti in villeggiatura da qualche giorno.
Vedete anche voi che luce magnifica!
Io comincio a sentirmi diversa, come se mi staccassi da questa me stessa algida, per diventare diafana e nuova, pronta ad assaporare le emozioni della vita. Il mare azzurro, dietro di me, mi chiama e invita a lasciarmi andare alle sensazioni di pace e serenità che si stanno impossessando di me. Il cielo, di un azzurro più pallido, delinea il mio volto: divento mare e cielo. Mi sento leggera e libera, vorrei scendere in spiaggia e correre, correre, bagnarmi le gambe, il vestito, tuffarmi tra le onde che dolcemente s’ increspano …
Sentite anche voi? Mi stanno chiamando, devo andare.
Rientro velocemente in me stessa, ma, quale delle due, ora non so. Non so più chi sono realmente, ma non credo sia un male. Questa me stessa, appena intravista, quasi sfiorata, non mi dispiace affatto.