Corso di scrittura creativa. Docente : prof. Antonio Sinisgallo
Compito in classe di Oriana Pagliarone 21 aprile 2017
Scrivete un racconto in cui l’azione prende le mosse da una telefonata.
«Pronto? Parlo con la professoressa?» Una voce calda, che mi sembra di riconoscere.
«Sì, sono io, ma chi parla?» Sono assalita da una strana emozione, eppure non so ancora chi sia il mio interlocutore.
«Certamente non ti ricorderai di me, sono Alberto!»
«Alberto? Alberto chi?» In realtà sono quasi sicura che sia proprio il mio filarino di tanti anni fa, ma una forma di pudore mi vieta di ammettere di averlo già riconosciuto.
«Alberto, il tuo compagno di scuola, quello che ti accompagnava a casa ogni giorno e ti aspettava giù al palazzo il sabato pomeriggio, per andare a ballare!
Lo so, sono passati tanti anni, sono successe tante cose, io sono stato a Milano per molti anni. Sono tornato da poco a Napoli e ho provato a cercarti al telefono.
Forse ti sembrerò invadente, ma non ho resistito!»
Mi tornano in mente gli anni del liceo, la mia emozione di ragazzina innamorata della vita, dell’amore ed anche un poco di Alberto.
I primi baci, i suoi bigliettini messi di nascosto nel mio diario: «Alberto! Ora mi ricordo!» mento spudoratamente, avevo subito riconosciuto la sua voce, inconfondibile, profonda, quasi inadatta al ragazzino che era un tempo.
«Il mio primo fidanzatino, come potrei dimenticare! Ma come ti è venuto in mente di chiamarmi? E, soprattutto, come sei riuscito ad avere il mio numero di telefono?»
«Miracoli di Internet! Ormai in rete si trova tutto o quasi. E so molte altre cose di te: sei una professoressa di matematica, ti sei sposata, hai un figlio, vivi a Napoli, vedi come sono informato?
Io mi ricordo sempre di quella ragazzina solare, con la coda di cavallo. Porti ancora i capelli così?»
«Solo d’estate al mare.» Il cuore mi batte forte per l’emozione, come se si fosse aperto un cassetto della memoria, in cui ho racchiuso una me stessa ragazzina, con le mie gioie, speranze, illusioni e desideri, che prepotentemente ora vuole uscire allo scoperto: nessun rimpianto, forse solo un po’ di nostalgia.
«Mi farebbe piacere rivederti, sono salito al Vomero, perché non ci incontriamo per un caffè?» È rimasto un ragazzo, non capisce che grave errore sarebbe vederci adesso, dopo più di cinquant’anni. Mai tornare indietro nel tempo, non si può, non si deve: noi non siamo più quei ragazzi innamorati, non ci riconosceremmo neanche, siamo due persone diverse, la vita ci ha cambiato, il tempo si è accanito sui nostri visi, sui nostri corpi. Dolori, dispiaceri hanno segnato i nostri cuori, le cose belle li hanno riempiti di gioia, abbiamo vissuto, siamo cresciuti, cambiati.
Sarebbe una delusione reciproca troppo grande, che distruggerebbe anche il ricordo di quello che siamo stati.
Non lo spiego a lui, sarebbe inutile e, forse, anche doloroso. Preferisco inventare una scusa: «Ora ho un impegno, facciamo un’altra volta.»
«Va bene, allora ti richiamo tra qualche giorno.»
Crede subito alle mie parole.
«Ok, a presto.» ma so che non risponderò più alle sue chiamate.