Ritratto di Saffo
Affresco pompeiano raffigurante medaglione con busto,
comunemente detto, di Saffo
Museo Archeologico Nazionale - Napoli
Chiariamo, per prima cosa, che io non sono la poetessa Saffo!
Ma cosa c’entra l’isola di Lesbo? Io non mi sono mai mossa da casa.
Pompei è sempre stata la mia città: non sono greca, sono campana, meglio, pompeiana! E sono fiera di esserlo. Sono una delle poche ragazze a cui è permesso studiare, leggere, scrivere.
Mi porto sempre dietro, nel mio girovagare, queste quattro tavolette di cera, così, se mi viene un’ispirazione, sono pronta a coglierla al volo.
Sono una “ docta puella”, i miei genitori sono emancipati e colti, anche facoltosi, ovviamente, altrimenti non potrei coltivare i miei interessi, ma sarei già sposa di qualche mercante. Invece posso studiare, dedicarmi alle mie passioni, libera e felice.
Poco lontano dalla mia abitazione, sulla via dell’Abbondanza, c’è la panetteria dove vado spesso a prendere una piccola forma di pane schiacciato: non è ancora la pizza, ci vorrà molto tempo prima di poter assaggiare una margherita, non conosciamo ancora i pomodori, l’America non è stata ancora scoperta!
Questa panetteria è di proprietà di un certo Terentius Neo, un simpatico giovane, non bellissimo, di origine sannitica, sposato da poco con una ragazza in gamba che conosce la matematica, sa tenere i conti di casa e dell’azienda familiare. Anche Terentius non è illetterato, ama leggere, spesso porta con sé un papiro arrotolato, che legge, quando in bottega non c’è troppo lavoro.
Oggi l’ho incontrato per strada. Era molto irritato: sul muro della sua casa hanno apposto una scritta per sollecitare l’elezione di Paquio Proculo, che effettivamente verrà eletto “duoviro” di Pompei: «Ma tu vedi cosa mi tocca subire, cara docta puella, io faccio pulire il muro di cinta della mia abitazione appena lo vedo sporco, e questi politicanti ci scrivono sopra il nome del candidato del momento!»
« Hai ragione, caro Terentius, chi non ti conosce potrebbe credere che la tua casa sia invece l’abitazione di Paquio Proculo. Devi protestare!»
«È vero, e pensare che tengo così tanto alla mia dimora! L’ho abbellita con affreschi che rappresentano me e mia moglie, proprio per quel senso di appartenenza, che sento così forte. Ho fatto tanti sacrifici per diventare cittadino romano e possedere questa bella casa, ed ora ne sono orgoglioso!»
Affresco pompeiano di Paquio Proculo e sua moglie
Museo Archeologico Nazionale -Napoli
Sono colpita dalle parole dell’uomo: «Giusto! La casa porta i segni della propria personalità: tra le mura della nostra abitazione riposano le persone a noi care, che fanno parte del nostro vissuto, sono conservati gli oggetti che ci appartengono, che sono parte di noi, insomma quella scritta sul muro può essere considerata come un furto d’identità!» Sono veramente infuriata.
«Non essere così esagerata, in fondo è solo una scritta sul muro!»
Terentius ora è quasi pentito di avermene parlato.
«No, no! Tu non ti preoccupare. Voglio scrivere di questo affronto, voi avete dei diritti che non devono essere calpestati» e così dicendo prendo lo stilo e una tavoletta di cera, che porto sempre con me, ma mi fermo all’improvviso.
Un fortissimo boato scuote la terra: dalla montagna, che incombe sulla città, una immensa nube di fumo, denso e nero, si alza,implacabile, verso il cielo.
«Sovrintendente, guardi! In queste case vi sono degli affreschi perfettamente conservati!
Questo è il ritratto di un uomo ed una donna!» lo studioso accarezza la parete, quasi con timore di veder scomparire quelle figure così vive ai suoi occhi.
«Ha ragione, caro professore! Cosa c’è scritto sulla parete esterna della casa?»
«Pa-quio Pro-cu- lo»
«Benissimo, ha con sé l’inventario di questa zona, sì vero? Allora scriva:
“ Affresco raffigurante Paquio Proculo e sua moglie”».
«Scritto! Spostiamoci in questa casa vicina, ho visto un altro affresco! Guardi Sovrintendente! È bellissimo! Una ragazza con uno stilo e delle tavolette di cera per scrivere!»
«Una ragazza, l’occorrente per scrivere… una poetessa…Saffo! Scriva, scriva, caro professore:“ Affresco raffigurante il ritratto di Saffo”».
«Non sono Saffo!»